Oggi è il 29mo anniversario della strage di Capaci del 23 maggio 1992, nella quale morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli uomini della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, e Vito Schifani.
Quel 23 maggio 1992 fu l’inizio della stagione stragista di Cosa nostra.
Il primo ad essere colpito fu proprio il magistrato che assieme al collega e amico Paolo Borsellino, con il “maxiprocesso” aveva individuato e fatto condannare i vertici della mafia siciliana.
Un magistrato preparatissimo, che aveva ben capito la complessità e la vastità di Cosa nostra e come per contrastarla servisse un lavoro di squadra fatto in modo molto accurato.
Giovanni Falcone è stato un magistrato italiano, un uomo dello Stato che ha dedicato la sua vita alla lotta alla mafia.
Investigatore rigoroso e dall’intuito straordinario, in un’epoca in cui si negava l’esistenza di “Cosa nostra” ne comprese la pericolosità militare e la capacità di penetrazione in tutti i settori della società.
Pioniere di un metodo d’indagine che vedeva nel lavoro in pool, nell’ormai celebre “segui il denaro” e nella cooperazione giudiziaria internazionale i suoi cardini, ha istruito, insieme al collega Paolo Borsellino, il primo maxiprocesso alle cosche, scardinando il mito di una mafia invincibile.
Restano vive la sua eredità morale e professionale.
